mercoledì 4 settembre 2013

Denunce per i commenti su FB. Io resto contrario

Tanta polemica ha destato la nota della Camera del 24 luglio in cui venivano annunciate iniziative legali contro un gruppo di persone che avevano postato sui soliti social network commenti contenenti minacce ai danni dei dipendenti.
Trascorso ormai un mese e mezzo dai fatti è possibile trarre qualche conclusione e qualche insegnamento da quanto accaduto.

Un breve riassunto dei fatti
Su un profilo FB di un fan club dedicato al comico Maurizio Crozza veniva ripreso uno dei soliti pezzi sul trattamento dei dipendenti della Camera dei deputati. Il pezzo in sé era assolutamente tranquillo, il solito copincolla da un’altra testata con però un titolo ‘urlato’, e sbagliato, che aveva suscitato una serrata gara a chi la sparava più grossa tra i commentatori.
Alla luce della violenza verbale di alcuni dei commenti la Camera dei deputati aveva annunciato iniziative legali nei confronti degli autori dei commenti stessi. Ovviamente dei soli commenti contenenti minacce.
In particolare venne dichiarato dalla Camera che “Sono inoltre sempre più frequenti affermazioni gravemente minacciose nei confronti dei dipendenti della Camera che dimostrano come tale fenomeno, basato su notizie di stampa a volte fuorvianti, abbia assunto caratteri non più accettabili in un contesto civile.
La Camera dei deputati, pertanto, ha già provveduto ad attivare, presso le competenti autorità, tutte le iniziative necessarie a tutela dei propri lavoratori.”

I commenti all’annuncio della querela
In generale l’annuncio della Camera è stato fortemente travisato e non si è compreso appieno, evidentemente, che i procedimenti penali partiranno solo per chi ha postato commenti contenenti minacce.



Tale malinteso ha suscitato una ridda di commenti abbastanza assurdi se letti alla luce dell’effettivo obiettivo dei procedimenti penali, molti utenti avevano infatti inteso che sarebbero stati denunciati coloro i quali avevano diffuso notizie false sul conto dei dipendenti della Camera o addirittura che sarebbero stati denunciati chi avesse diffuso notizie.
L’annuncio della querela è stato comunque accolto in maniera molto polemica e a fare polemica è stato soprattutto chi non è stato fatto oggetto di alcuna denuncia.
Ad esempio il blog che aveva pubblicato originariamente il pezzo che aveva scatenato i commenti ‘violenti’ ha giocato a fare il ‘tosto’ pubblicando un pezzo copincollato dal Sole 24 Ore ma sottotitolandolo (…e noi stiamo ancora aspettando la querela !!), insistendo quindi su questa stramba chiave di lettura di chi si aspettava una denuncia solo per aver riportato erroneamente un articolo di una testata giornalistica.

Ma gli effetti reali quali saranno?
A causa della chiarezza, che è forse risultata insufficiente, della comunicazione da parte della Camera si corre il serio rischio che, dopo aver letto commenti duri su un presunto attacco alla libertà di espressione, ci si dimentichi di coloro i quali avranno la propria vita distrutta da quanto hanno pubblicato su FB. Per carità, arrivare a scrivere su pubblica piazza i commenti che seguono è certamente censurabile:
“sparare ai carabinieri per arrivare a loro, e poi sparate a loro!! é meglio che indignarsi...,ma prima o poi la purgheranno”
“guerra civile, ma vera......sangue a volontà”
“bruciamoli vivi queste merde una volta e per sempre”.
Ma tra il non fare nulla e arrivare alla denuncia penale, tra il bianco ed il nero, ci sono svariate tonalità di grigio e bisogna percorrerne almeno qualcuna prima di arrivare ad un atto così grave come il ricorso alla Magistratura.
Il ricorso al giudice, ed è forse opportuno ricordare come si tratti di un giudice penale, metterà in moto un meccanismo infernale che vedrà convocazioni, udienze, processi e probabilmente anche condanne per un manipolo di ingenui che considerano quanto viene postato su una pagina pubblica di un social network alla stregua di una chiacchiera al bar sotto casa, col risultato che queste persone potrebbero ritrovarsi con la fedina penale sporcata da un reato davvero sciocco.

Il costo delle soluzioni alternative
Certamente percorrere strade alternative alla denuncia avrebbe comportato un costo superiore per le casse della Camera. Ad esempio convocare gli autori e farsi spiegare le cause di tanta rabbia, smentire dettagliatamente le fesserie più grosse con cui viene alimentata più o meno inconsapevolmente questa rabbia, cercare di riaprire il dialogo tra l’Istituzione ed i cittadini superando l’equivoco che l’Istituzione sia solo il gruppo di maggioranza temporaneo o il Presidente pro tempore potrebbe costare molti più soldi di mezza pagina di denuncia alla Magistratura ma sono soldi che, secondo il mio umilissimo parere, andrebbero spesi.

La questione dei reati cosiddetti minori
Un discorso leggermente differente va invece fatto per la serie di commenti offensiva. In particolare questi commenti erano centrati sul fatto che per diventare dipendenti della Camera sarebbe necessario essere raccomandati dal potente di turno. E’ infatti stato facile trovare commenti come quelli che seguono:
“I raccomandati della Camera: Baristi da 100mila euro, ragionieri da 227mila, ‘consiglieri’ da 400mila”
“Mai avuto notizia di un concorso alla camera o senato nei miei 58 anni di vita. Che si entri per raccomandazione è la regola in tutti i posti pubblici, poi , più sono ambiti e più grande dovrà essere la raccomandazione. Se tutti questi signori ritengono d'aver vinto un concorso senza la giusta conoscenza, dovrebbero accettare una commissione superpartes che faccia le pulci alla genealogia ed a tutto il resto.”
“Ovviamente tutti rigorosamente raccomandati....ci mancherebbe !!”

Giornalista o privato?
Qui va infatti effettuata una differenziazione netta tra la qualità di chi posta la accusa. Nel primo caso infatti quello che vi ho riportato è il titolo che ha dato un giornale online, Il Quotidiano del Molise Online, che ha tanto di direttore responsabile. In un caso del genere andrebbe infatti intrapresa, secondo molti dei dipendenti, una azione decisa e dura, una testata giornalistica viene sempre accreditata di una certa credibilità e non smentire una idiozia del genere potrebbe portare al diffondersi di una convinzione più difficile poi da sradicare.
Ben diverso è invece il caso del singolo che è convinto della ineluttabilità della raccomandazione. In quel caso bisogna comprendere che si tratta della vittima di un sistema, di persone socialmente e culturalmente deboli che in a causa di questa convinzione si auto escludono da ogni competizione esponendosi inoltre al rischio di diventare vittime di sinistri soggetti, come quelli di cui parla questo articolo.

Non colpevoli ma vittime. O risorse….
Le persone convinte della necessità della raccomandazione non sono quindi colpevoli da condannare, ma vittime da aiutare per quanto possibile. E dove non fosse più possibile aiutarle ad uscire dalla convinzione dogmatica della assoluta necessità della raccomandazione non ci resterebbe che trasformare queste persone in una insostituibile risorsa.... 
(Il seguito del post è riservato ai Dipendenti del Parlamento)


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